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I topini, gli gnocchi di patate toscani

Fra gli gnocchi d'Italia , tema scelto questo mese dall'Italia nel piatto, ho scelto gli gnocchi di patate , che in Toscana vengono chiamati anche topini o topetti , forse per la loro forma, tranne che nelle province di Siena e Grosseto, dove mantengono il nome di gnocchi. Dico 'mantengono' perché gnocchi è una parola italiana che esisteva ancor prima che la patata, arrivata dall'America, venisse introdotta come ingrediente culinario.   I due cuochi di corte cinquecenteschi Cristoforo Messisbugo e Bartolomeo Scappi parlano di maccaroni detti anche gnocchi , fatti con fiore di farina, mollica di pane e acqua bollente. Già dal Trecento i maccheroni erano nei ricettari, che li descrivevano come una sorta di polpettine fatte di farina, pane grattugiato, formaggio o rossi d'uovo, da cuocere in acqua bollente. Si pensa dunque che siano da identificare con questa sorta di antenati degli gnocchi quei maccheroni che, insieme ai ravioli, precipitano dalla montagna di p
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Minestra di riso e fagioli con l'occhio

10 febbraio 2024: giornata mondiale dei legumi. Ho già ricordato nel post precedente, dove ho pubblicato la ricetta aretina dei fagioli con l'occhio al pomodoro ( qui ), che questo tipo di fagioli venivano coltivati e consumati in Italia molti secoli prima che giungesse dall'America il fagiolo comune. Hanno la buccia chiara e sottile con una macchia nera e sono ben digeribili. Non volendo essere troppo ripetitiva nel ribadire i vantaggi dei legumi sia per i terreni agricoli che per l'alimentazione umana, passo subito alla ricetta di oggi, una minestra toscana che combina questi fagioli dall'occhio (o con l'occhio o dell'occhio) con riso, cavolo nero, odori (cipolla, carota e sedano), aglio, salvia e ovviamente olio, sale e pepe. Facoltativi parmigiano o pecorino. La ricetta è dal libro di Paolo Petroni sulla cucina toscana (Il grande libro della vera cucina toscana, Giunti, Firenze 2008). L'autore dice di tagliare il cavolo a listarelle, ma io ho lasciato pi

Fagioli con l’occhio (o dall’occhio o dell’occhio) all'aretina

  In vista della giornata mondiale dei legumi (10 febbraio), l' Italia nel piatto coglie l'occasione per presentare ricette regionali che ne prevedono l'utilizzo. I legumi , come ricorda la FAO, nutrono i terreni e le persone . Ricchi di proteine vegetali, vitamine, minerali, fibre e poveri di grassi, sono molto importanti per l'alimentazione umana, contribuendo al controllo del colesterolo e degli zuccheri nel sangue. Sono raccomandati dalle organizzazioni sanitarie in caso di diabete e malattie cardiache. Per quanto riguarda i terreni agricoli, le leguminose, nei sistemi di policoltura, migliorano l'agrobiodiversità e la resilienza ai cambiamenti climatici. Fissano nel terreno l'azoto presente nell'atmosfera, contribuendo a migliorare la biodiversità e la fertilità del suolo. La loro coltivazione apre opportunità di lavoro e attività imprenditoriali per le donne e i giovani nelle zone rurali. Per la Toscana ho scelto i fagioli con l'occhio ,

Pera al vino rosso speziato, con mirtilli e panna gelata al cocco

  Per la pera cotta al vino rosso con mirtilli mi sono ispirata al dessert preparato da Hortense Laborie, personaggio creato dal regista Christian Vincent per il suo film “ La cuoca del presidente ”. Ovviamente nel film non vengono detti i particolari della ricetta, ma io ne ho trovata una nel sito Scatti di gusto ( qui ) ed è questa che è stata la mia base di partenza.   Durante il percorso però ho fatto delle deviazioni; la mia pera al vino rosso infatti è molto più speziata e leggermente piccante; inoltre non è accompagnata da un formaggio al Passito, che purtroppo non ho trovato, ma da due quenelles di panna, una al cocco e l'altra agli anacardi. Per finire, anzi, per cominciare, non ho usato una pera Kaiser né una pera coscia, ma una pera conference, dolce e succosa.   INGREDIENTI per una persona   1 pera al punto giusto di maturazione 125 ml di vino rosso non vecchio 100 ml di acqua Spezie miste macinate (semi di coriandolo, noce moscata, chiodi di garofano, cannella, pimento

Polpettone di nonna Lina

L'Italia nel piatto inizia l'anno con un pensiero ai nonni, a cui dedica varie ricette tradizionali (trovate i link in fondo a questo articolo), che ci fanno pensare a loro o che loro ci hanno tramandato. Nel blog ho citato più volte le mie nonne, nonna Maria Antonia, detta Antonietta, e nonna Argia Lina, detta Lina. Alla prima, nata a Procida e trasferitasi a Grosseto dopo le nozze con il toscanissimo nonno Francesco, devo la ricetta della pasta condita con i pomodori arrostiti , del coniglio alla procidana e della pastiera napoletana . Insieme alle pastiere nonna Antonietta portava a cuocere al forno comune anche le toscane schiacce di Pasqua (vedi qui ) che aveva imparato a fare benissimo. Nonna Lina, toscana da generazioni, purtroppo è morta a 64 anni, quando io avevo solo 6 anni e mezzo, perciò di lei ho un vago ricordo. La rivedo alta, sempre sorridente, con i lunghi capelli bruni illuminati da qualche filo grigio, raccolti in una treccia avvolta sulla nuca, instancabil

Bordatino o intruglia

Potrà sembrare strano che una ricetta proveniente da una città di mare come Livorno preveda la farina di mais, che di solito viene impiegata per ricette di montagna. Quella che ho usato io è la meravigliosa farina gialla di Storo che si coltiva nella valle del Chiese, con le Dolomiti di Brenta che fanno da sfondo. Ma andrebbe benissimo una farina toscana, per esempio la farina di formenton 8 file, un'antica varietà di mais della Garfagnana. Il fatto è che un tempo la farina di granturco faceva parte delle provviste a bordo dei velieri e delle più grosse imbarcazioni, di qui il nome di bordatino a questo piatto livornese. Gli altri ingredienti che si potevano avere a disposizione nella cambusa per arricchire la polenta erano prodotti a lunga conservazione come i fagioli, il concentrato di pomodoro, olio, aglio, cipolle, peperoncino o pepe. Tuttora sono questi gli ingredienti del bordatino, ma in più c'è il cavolo nero, che ovviamente non poteva... viaggiare per mare. Era ed è in

Copate senesi bianche e nere

Che cosa mettere nel cesto di Natale? Per chi è a corto di idee, oggi L'Italia nel piatto offre vari suggerimenti di doni gastronomici tradizionali fatti in casa (vedi i link alla fine di questo post). Nel mio blog ho pubblicato preparazioni di dolci che potrebbero benissimo riempire un cesto di Natale toscano ( ricciarelli , cavallucci , panforte e panpepato , cassata fiorentina , biscotti di Prato , pane di Natale chiantigiano ), ma non sono tutte. Fra le lacune ce n'è una a cui volevo rimediare da tempo, le copate senesi , 'bianche' nella versione più comune, 'nere' nella versione più antica e più rara, ormai fuori commercio, per quanto ne so. Fra l'altro è molto difficile trovare anche quelle bianche al di fuori delle province di Siena e Grosseto.   Che cos'è la copata bianca ? Due ostie rotonde fatte con acqua e farina racchiudono un composto di mandorle tritate, miele, zucchero e albumi , simile dunque a quello del torrone, ma molto meno cotto e p

Acquacotta al pomodoro

Il gruppo del l'Italia nel piatto dedica il mese di novembre alle zuppe. Di terra, di mare, vegetariane o vegane, le zuppe sono piatti caldi da gustare con il cucchiaio adatti ai primi freddi autunnali. Colgo al volo l'occasione per preparare un'acquacotta maremmana che volevo fare da tanto tempo, l'acquacotta a base di pomodori, sedano e cipolle,  diversa da quella di casa mia, che è fatta con tante bietoline da foglia e che 11 anni fa scelsi per dare nome al mio blog (vedi qui ). Premetto che in Toscana esistono varie versioni di acquacotta, che tuttavia si possono ricondurre a quattro tipi principali : le acquacotte del Casentino , la valle tra Firenze e Arezzo, a base prevalentemente di funghi e salsiccia ; quelle della provincia di Siena , che non disdegnano l'uso di verdure o funghi ; e i due tipi della Maremma grossetana (Toscana meridionale): il tipo meno conosciuto è a base soprattutto di bietole (o spinaci) e sedano (l'acquacotta che scelsi per iniz

Torta di san Pietro (o torta dei due santi o torta garfagnina)

Oggi le blogger dell'Italia nel piatto pubblicano preparazioni culinarie che le varie tradizioni regionali dedicano ai santi patroni. Come rappresentante della Toscana, ho scelto la Torta di san Pietro, detta anche torta garfagnina perché è tipica di Castelnuovo di Garfagnana, un  comune in provincia di Lucca che a san Pietro, ma non solo, ha dedicato il suo Duomo. L'altro nome, torta dei due santi, deriva dal fatto che la festività di san Pietro ricorre lo stesso giorno in cui si celebra san Paolo, il 29 giugno. Secondo il Vangelo di Matteo (16, 13-20), l'apostolo Simone, pescatore sul lago di Tiberiade, fu colui che alla domanda di Gesù «Voi chi dite che io sia?» dette la risposta giusta: «Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente». Seguirono le ben note parole di Gesù che fece di lui il fondatore della Chiesa: «Beato te Simone [...] tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del Re